I dati sono sorprendenti: bisogna andare comunque molto cauti con i dati perchè le statistiche sono sempre piuttosto delicate, però il franchising in Italia oggi vale 23,5 miliardi, che è l’1,4% del PIL, occupa 187.000 persone, conta circa 940 franchisor, 51.000 franchisee. La cosa secondo me interessante è vederlo in un modo più prospettico: negli ultimi cinque anni il PIL italiano è sceso del 7,6%, mentre il giro d’affari del franchising è cresciuto del 5,4%. Che senso ha un Salone oggi? In un mercato che scende i Saloni non hanno senso, in un mercato che invece è in controtendenza si ha bisogno di un luogo in cui vedere effettivamente chi è che fa questa controtendenza: sono aumentati gli espositori rispetto all’anno scorso, e sono pochissime le fiere in Italia che aumentano gli espositori.
Quali sono gli ingredienti principali del successo di questa formula di business?
Questa formula ha successo per due motivi principali: primo, perchè come modello di impresa risponde alle esigenze di oggi, cioè è una risposta alla complessità dell’economia, quindi suddivide innanzitutto i ruoli e le competenze: il franchisor deve occuparsi di scenario, di gamma prodotti, di marketing, di brand, e quindi con forti investimenti che poi si diffondono in tutta la rete; il franchisee si occupa invece del territorio locale. Questo è il tipico modello glocal, dove il globale lo fa il franchisor, il locale lo fa il franchisee; e insieme diventano molto più forti. Divide inoltre gli investimenti: il franchisor investe su tutta quella che è la sua area di competenza, quindi marketing, prodotti, pubblicità, formazione; e il franchisee investe invece nel suo negozio locale. Infine, si dividono anche le responsabilità: il franchisor deve fare gli acquisti giusti, il campionario giusto, il marketing, giusto, il posizionamento giusto; il franchisee deve invece occuparsi di chiudere le vendite localmente. In un mondo complesso, le aziende non riescono a fare tutto; qui si mettono insieme in due, e due fanno meglio di uno.
Il secondo motivo è imputabile a una forte richiesta del mondo occupazionale di autoimpiego: quindi molte persone (noi lo vediamo nei visitatori dell’evento) vengono al salone per mettersi in proprio, per lanciar la propria azienda; non essendo più come negli anni ’80, il franchising risponde anche a un modo di mettersi in proprio col paracadute, facilitato, perchè mi collego a un’azienda grossa, nota, esperta.
Anche in un periodo dove, magari, diventare dipendenti con un posto fisso è sempre più difficile…
Esatto. Abbiamo fatto un’analisi dei potenziali franchisee che vengono al Salone e dei visitatori del Salone: il 21% di chi viene al Salone sono negozianti, che vogliono trasformare il proprio negozio, che vogliono prenderne un secondo; secondo me queste persone cercano un’evoluzione del commercio, spesso sono figli di negozianti che hanno sempre vissuto in negozio ma che si rendono conto che il lavoro che aveva fatto il loro papà non ha più senso. I secondi sono, infatti, dipendenti di aziende (il 26% dirigenti e impiegati) che quindi vengono per cercare un’alternativa. Poi c’è invece un altro 10% di giovani, che tentano di mettersi in proprio, e sono quelli che vogliono mettersi in proprio, di gente che non è neanche in azienda e dice ‘Cosa faccio? Cerco un autoimpiego’.
Quali sono i settori più promettenti per il futuro?
Ci sono i due settori che già le ho citato, che sono sicuramente l’alimentare (che è un paio d’anni che sta crescendo, ma si stanno aprendo molti più spazi e molto specializzati da cioccolaterie, a bar vegani, a prodotti tipici tradizionali, quindi dalla vecchia piadina adesso c’è il negozio tipico di prodotti pugliesi, di prodotti siciliani) e l’abbigliamento, abbigliamento anche reinterpretato, quindi prodotti etnici, prodotti per bambini, prodotti verticali. I servizi, che è un settore che è andato molto negli ultimi anni, a vedere ora i dati è forse quello meno attraente ma più selezionato. In sintesi, chi sale è food, abbigliamento, articoli per la persona, e alcuni servizi specialistici; chi scende è sicuramente l’immobiliare, che ha avuto una botta d’arresto, e alcuni servizi che non raggiungono volumi sufficienti nell’economico, alcuni franchising specializzati che ormai devono essere rinnovati.
Infine, cosa consiglierebbe a chi si avvicina per la prima volta al franchising? C’è qualche formula particolare per avere successo, o qualche mossa da evitare?
Se dovessi dare dei consigli, direi per prima cosa di seguire le passioni, ma in modo razionale: quindi cerca di capire che cosa ami, trova il settore e il tipo di marchio in cui tu ci stai bene, perchè se non ci stai bene le cose non verranno; trova ciò che ami però in modo razionale, cerca di capire se ci sono i dati economici. C’è anche una legge del franchising che pochi conoscono, ormai da 10 anni, che ad esempio cautela il franchisee rendendogli possibile chiedere al franchisor i bilanci, i conti economici dei franchisee esistenti, in quanto ad esempio hanno chiuso negli ultimi tre anni. Il secondo consiglio consiste, ovviamente, nell’avere un solida base economica per l’investimento. Il terzo consiglio è andare a conoscere i franchisor direttamente, non solo su Internet: aprire un franchisee è un po’ come sposarsi, e ovviamente nessuno vuole sposarsi al buio. Il Salone ha proprio questa funzione: è possibile incontrare 200 marchi tutti li a Milano, non bisogna andare a Pordenone, a Roma, a Napoli a incontrare i responsabili franchising di 200 aziende, sono tutti li; vieni al Salone, incomincia a incontrarli direttamente.