Le quindici regole del successo
Gastronomia Che cosa attira davvero i clienti in un ristorante piuttosto che in un altro?
Allan Bay
Eugenio Medagliani è un caro amico,
da tanti anni. Di mestiere vende attrezzi
per la cucina, di passione è un
acutissimo analista del mondo della
ristorazione, uno dei più lucidi che io
abbia mai incontrato. Lo vedo spesso,
parlare con lui è sempre piacevole e
imparo comunque sempre qualcosa: le
sue sono delle lezioni meravigliose.
Tra le regole del successo
conta il primo impatto,
ovvero l’accoglienza
del proprietario
o del personale, così
come la loro cortesia
e il sorriso garbato
Qualche tempo fa, durante un nostro
incontro abbiamo incominciato
a parlare di un tema interessante:
quali sono le ragioni del successo o
meno di un ristorante, quali i motivi
che spingono gli utenti a sceglierne
uno piuttosto di un altro? La sintesi
di questa discussione è contenuta in
un suo messaggio, in cui riassume le
15 «situazioni» da lui identicate, che
guidano la nostra preferenza. Importante:
sono elencate in ordine logico,
dove la prima è più signicativa della
seconda, la seconda della terza e così
via. Le voglio condividere con voi,
dopo aver chiesto ovviamente il suo
consenso.
1) L’indirizzo, cioè l’ubicazione
nell’ambito della città. 2) La facilità di
parcheggio, soprattutto per la sicurezza
e la distanza. 3) L’aspetto esteriore
dell’immobile, la sua bellezza, dicile
da denire ma facile da riconoscere. 4)
L’aspetto e l’importanza dell’ingresso,
la sua capacità di metterci più o meno
a nostro agio e di attirarci dentro. 5) Il
primo impatto, l’accoglienza del proprietario
o del personale, la loro cortesia,
il sorriso garbato. 6) Il guardaroba
deve essere molto sicuro: nessuno ama
lasciare abbandonato a sé il paltò. 7)
La gradevolezza dell’arredamento e
della sala, il loro equilibrio stilistico,
che devono essere adeguati al livello
del ristorante, mai inferiori ma neanche
superiori. 8) La presentazione del
tavolo: dalle posate alle porcellane,
dalle tovaglie ai bicchieri. Deve essere
adeguato al livello del ristorante e
alla sua collocazione. 9) L’aspetto della
carta delle vivande (non si chiama
menù!), la descrizione accurata di tutti
i piatti (che ne sappiamo se leggiamo:
bucatini alla bella zia?), le eventuali
lingue straniere per aiutare nella scelta
chi non conosce la nostra lingua. 10)
Lo stuzzichino e l’aperitivo iniziali,
che ovviamente non dovranno essere
poi inseriti sul conto. 11) La gentilezza
e i suggerimenti nella presa della
comanda. 12) Stessa accuratezza per
la carta dei vini. 13) La distribuzione
esatta dei piatti ai vari commensali
senza chiedere: di chi è… 14) L’impatto
visivo del piatto, ovvero l’arte di posizionare
armonicamente le vivande.
15) E da ultimo: il gusto, il profumo e
la qualità intrinseca del cibo che ci viene
oerto.
Sarà vero? Vedete un po’ voi, concordo
con lui al 100 per cento. Certo,
se rispetti i primi 14 parametri qui indicati,
non è un motivo suciente per
decidere di cucinare male, ci mancherebbe!
Però se questo schema è valido
servirebbe a spiegare un arcano. Al di
là delle dierenze di gusto e della voglia
di «andare controcorrente» che
colpisce qualche critico, tutte le guide
ai ristoranti e tutti quelli che scrivono
di ristoranti sui giornali (o quasi, le
eccezioni esistono sempre…) basano
il loro giudizio quasi esclusivamente
sul livello della cucina dei ristoranti:
il resto è considerato ininuente. Ma
molto spesso il pubblico ne premia
altri, senza sentire ragione; ristoranti
che prosperano nella latitanza di un
qualunque supporto dei critici. Bene,
io credo che l’analisi di Medagliani dia
un forte contributo a svelare questo
mistero.
da Azione del 23.02.2015, interessante articolo sui fattori di successo di un ristorante
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Mar