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L’azienda è mia e l’affondo come voglio !

15 Ott

Il cambio generazionale nelle aziende è un tema che da qualche anno occupa molti istituti di consulenza, sia per l’aspetto giuridico che per l’aspetto gestionale. In effetti un vecchio detto recita che la prima generazione crea, la seconda riesce a stare a galla ma la terza inesorabilmente distrugge. Se questo detto è sopravvissuto nella saggezza popolare deve avere un fondo di verità. Recenti fatti di cronaca ci confrontano con numerosi casi di aziende storiche che fanno fatica a sopravvivere o addirittura chiudono in fallimento, spesso attribuendo ad un fantomatico “mercato” la colpa e non andando ad analizzare a fondo quali siano le reali cause. Il narcisismo, ecco una delle cause più frequenti di mal gestione. Il proprietario si ama a dismisura, il suo ego raggiunge livelli tali da allontanarlo dalla realtà e dal non riuscire a capire i segnali che il mercato o i collaboratori indicano come gravi. Il conflitto tra voler lasciare un segno importante nell’azienda e ritirarsi lasciando il timone a chi sa fare veramente è causa di decisioni strategiche che poi si rivelano irreversibili. I successori al timone della aziende soffrono spesso della “sindrome del secondo” e vogliono potersi distaccare da quanto è stato fatto prima, spesso dimenticando che tutto quanto è stato fatto è il capitale vero dell’azienda.  Un segnale del livello di prossimità col mercato sono le visioni dichiarate da certe aziende: essere il leader del settore …., siamo l’azienda leder nel settore ….; Poi confrontandosi con la reale forza dell’azienda e con la quota di mercato ci si accorge di essere grandi …. solo sulla carta. Diffidate quindi da ditte piccole e medie con ambizioni troppo lontane dal mercato, quasi sempre dietro c’è un dirigente che ama leggere la visione da lui sviluppata, ma tutto finisce li. Un secondo  segnale giunge dall’organizzazione della azienda. Dove un direttore distruttore si attornia di dirigenti che vede come dei passacarte che non prendono iniziative se non con il consenso del direttore stesso. A questo punto si instaura il processo della “buona bugia”, tutti i dirigenti non fanno altro che confermare al direttore di aver ragione, quindi un management a specchio, peraltro molto apprezzato dal nostro narcisista. La finzione prende il posto della realtà, la percezione del mercato che dovrebbe essere l’unico vero territorio sul quale ponderare delle decisioni, viene manipolata da solerti dirigenti i quali filtrano anche eventuali influenze esterne per paura di doversi confrontare con delle situazioni che vadano a compromettere la propria posizione all’interno dell’azienda. Se un dirigente si ribella, eufemismo per dire che osa riferire quello che la realtà del mercato suggerisce, probabilmente verrà estromesso dagli altri e quindi espulso. In Svizzera si studia ancora il caso Swissair dove il CEO Philippe Brügisser ha praticamente mandato in fallimento quella che era considerata la “cassaforte volante” andando a concretizzare la sua strategia di crescita basata sull’acquisizione di altre compagnie. Peccato che, malgrado tutti i dirigenti sapessero che determinate decisioni erano assurde, pochi ebbero il coraggio di dirlo e di questi nessuno è più in azienda. Ricordiamo di un analista bancario che per aver pubblicato un report sul rischio di grounding di Swissair perse il posto, ora è un analista privato, molto apprezzato.  La ricetta ? il trapasso di una azienda deve essere fatto basandosi sulle reali capacità di chi prende il timone e non solo basandosi su delle capacità presunte. Il Consiglio di Amministrazione ha un ruolo fondamentale nel consigliare i nuovi dirigenti su strategie e sulla ripartizione di competenze e responsabilità.  

 
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Pubblicato da su 15 ottobre 2020 in Uncategorized

 

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